28 mag 2025
Quale futuro?
Secondo i classici del marxismo lo Stato va considerato come uno strumento provvisorio per vincere la resistenza di chi vuol continuare a vivere sfruttando il lavoro altrui, e che, per poterlo fare, è disposto a chiedere aiuto a forze esterne.
Secondo me però, una volta compiuta la rivoluzione o vinta la guerra civile, bisogna pensare subito a quali basi concrete porre in essere per smantellare lo Stato in maniera progressiva. Anzi, sul piano teorico bisogna pensarci prima, per non trovarsi impreparati dopo.
La nuova società civile dovrà assumersi la responsabilità di eliminare, in quanto pericoloso, il fardello che impedisce una vera liberazione sociale, un’autentica emancipazione delle masse popolari. Qualunque istituzione statale, fosse anche la più innocua o, in apparenza, la più utile, rappresenta una forma di espropriazione della libertà personale.
Le cose non funzionano delegandone la gestione a persone specifiche, ma assumendole in proprio, in tutte le loro sfaccettature. Cioè la responsabilità personale non può essere delegata, se non in maniera molto limitata, soprattutto nelle funzioni e nel tempo. Neanche la rivoluzione può essere delegata a un partito destinato a occupare le leve dello Stato.
Il centralismo va smantellato. “Centralismo democratico” diventa molto presto una contraddizione in termini. La società civile deve essere in grado di autogovernarsi e di autodifendersi. Lo Stato può servire solo nella fase iniziale, che inevitabilmente sarà quella più cruenta. Ma una volta che il nemico, interno o esterno, avrà capito con chi ha a che fare, bisognerà porre le condizioni favorevoli all’autogestione della società, che inevitabilmente dovrà basarsi sulla democrazia diretta.
Il perno attorno a cui deve ruotare l’edificazione del socialismo democratico è la comunità locale, padrona non solo di tutti i principali mezzi produttivi, ma anche della facoltà di gestirli in autonomia, senza dover sottostare a direttive che provengono dall’alto. Le infinite comunità locali devono essere lasciate libere di interagire tra loro, come meglio credono. Non può esistere un ente o un’istituzione che dall’esterno stabilisce i loro rapporti, regolamenta le loro leggi o dirime le loro controversie. Se queste controversie ci sono, gli stessi interessati devono pensare a come risolverle.
27 mag 2025
Una specifica Carta dell'ONU
Ho l’impressione che la coesistenza pacifica nel mondo non possa essere imposta da nessuno: è la conquista di una maturità personale e collettiva. Non nasce perché qualcuno vince e un altro perde, perché chi si arrende, s’incattivisce e cercherà una rivincita.
Se la pace è frutto di una guerra, vanno richieste delle scuse e delle riparazioni. Il che ovviamente non impedisce l’uso della legittima difesa, come ha fatto il Donbass nei confronti della giunta golpista di Kiev.
La pace non va pensata come un dono di natura, che alcuni popoli hanno e altri no, o come una predisposizione che si può avere a livelli più o meno accentuati. Se si comincia a diventare bellicosi, vuol dire che in tutti gli altri valori (giustizia sociale, libertà personale, uguaglianza di genere, tutela ambientale, ecc.) c’è qualcosa che non va. E più si tarda a risolvere i problemi sociali, tanto più si useranno i conflitti per nasconderli, per scaricarne il peso al di fuori dei propri confini.
Bisogna creare un sistema mondiale in cui la pace venga messa al primo posto. Va considerata come premessa fondamentale per risolvere tutti gli altri problemi, che ovviamente richiedono competenze specifiche, di ben altra natura.
Questo però vuol dire che tutte le armi di sterminio di massa vanno eliminate (chimiche, nucleari, batteriologiche...); tutte quelle in grado di colpire da lontano, compiendo percorsi molto lunghi; tutte quelle automatizzate, che non necessitano neppure di una presenza fisica; tutte quelle che, per non essere colpiti, richiedono imponenti strutture di difesa; tutte le armi che, una volta partite, non possono più essere fermate; tutte quelle che continuano a funzionare anche dopo la fine di una guerra; tutte le armi che per essere dispiegate, richiedono la decisione inappellabile di qualcuno.
Chi non vuole eliminare armi di questo genere, va emarginato, boicottato, escluso da tutti gli organismi internazionali. Ci vuole una specifica Carta dell’ONU su questa tipologia di armi.
24 mag 2025
Facile scenario
L’inizio del progressivo crollo del sistema capitalistico occidentale si può far risalire, simbolicamente, all’abbattimento delle Torri Gemelle nel 2001, cui il Deep State americano non fu certo estraneo.
Beninteso non sta crollando il capitalismo in sé, ma solo la sua forma occidentale, quella dell’anglosfera, sommamente individualistica.
Nell’occidente collettivo il ruolo dello Stato è incidentale, tant’è che i tanti statisti (spesso privi di vere competenze) vanno e vengono con molta disinvoltura. D’altra parte la politica deve considerarsi al servizio dell’economia (e oggi soprattutto della finanza), per cui i veri “signori del mondo” sono altrove.
Le ultime crisi del capitalismo occidentale sono tutte finanziarie: quella più significativa è esplosa nel 2008, coi subprime americani, che ha coinvolto tanti Paesi occidentali, le cui banche, ancora oggi, sono piene di titoli tossici, inesigibili.
A questa crisi, durata un decennio, gli USA hanno risposto in due modi: internamente, indebitandosi all’estremo, cioè stampando dollari a volontà, come se nulla fosse; esternamente, provocando la pandemia da Covid, attraverso i loro biolaboratori: in tal modo veniva colpito il mondo intero.
Il capitalismo è entrato in crisi sul piano industriale, poiché non è più competitivo con l’economia cinese, che pur lo stesso occidente ha contribuito a creare, nella convinzione, rivelatasi illusoria, di poter tenere la Cina economicamente sottomessa per almeno un secolo. Ora invece produce qualunque cosa a prezzi imbattibili, avendo un costo del lavoro di molto inferiore al nostro e molte più materie prime.
In questo momento sono gli USA a trovarsi in gravi difficoltà: il debito pubblico è altissimo; lo Stato sociale quasi non esiste; non vi è abitudine al risparmio, ma, al contrario, a spendere al di sopra delle proprie capacità; il petrodollaro è in fase di smantellamento grazie ai BRICS+; la perdita di fiducia nella loro solidità obbliga a tenere i tassi d’interesse molto alti (il che non fa che aumentare il debito); si stampano continuamente banconote che valgono sempre meno; ci s’illude di potersi reindustrializzare velocemente imponendo dazi anacronistici (e autolesionistici) al resto del mondo; per dimostrare che si è ancora la prima economia del mondo, si ricorre a sanzioni, embarghi, minacce d’ogni genere, destabilizzando i commerci mondiali; e naturalmente si fomentano guerre ovunque sia possibile.
L’URSS implose per l’assenza del benessere capitalistico; l’occidente sta crollando per averne avuto troppo, usando mezzi e metodi violenti, illegali, cui oggi tutti gli altri vogliono opporsi.
Dopo essere finita in bancarotta, per aver adottato il capitalismo privato occidentale, oggi la Russia, col capitalismo statale di Putin, è in netta ripresa.
Piuttosto è l’occidente a essere privo di una qualche alternativa al proprio declino. Il socialismo statale di Russia e Cina era imploso senza causare guerre a potenze straniere. Invece l’occidente collettivo sta facendo proprio il contrario, forse perché, in definitiva, non può fare a meno del colonialismo, né di scaricare all’esterno il peso dei propri fallimenti. Ha bisogno assolutamente di crearsi dei nemici. In Medio oriente sono i palestinesi (fino a ieri erano gli islamici in senso lato); in Ucraina sono i russi; in Asia sono i cinesi; in Africa i Paesi che si ribellano al vecchio e nuovo imperialismo europeo.
Con un occidente così la guerra sembra essere alle porte. Ma sarebbe un errore pensare che la soluzione ai nostri problemi possa venire dall’esterno. L’occidente deve trovare in se stesso la forza per cambiare in maniera significativa, garantendo libertà e sicurezza al resto del mondo.
22 mag 2025
21 mag 2025
Apparat (Diario del gennaio-maggio 2025)
I migliori post sulla geopolitica
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20 mag 2025
Russia, Cina e Occidente collettivo
La Russia non ha assolutamente la stessa capacità della Cina di condizionare il mondo dal punto di vista economico e finanziario. Non ha sviluppato l’industria leggera quando esisteva il socialismo statale, e fino alla guerra in Ucraina non si preoccupava di dipendere dalle aziende straniere per la fornitura di tantissimi beni industriali. Ciò in quanto era convinta che, grazie alle sue enormi risorse energetiche, vendute a buon mercato, i Paesi occidentali sarebbero stati dei folli a privarsene per qualche motivo ideologico o militare.
Solo quando queste aziende sono andate via dal suo territorio, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, ha cominciato a sostituirle, o in proprio o facendo entrare aziende straniere non occidentali. Ma i suoi veri progressi restano quelli sul piano militare. E naturalmente resta potente sul piano energetico, anche se le sanzioni occidentali l’hanno inevitabilmente danneggiata.
È evidente, per motivi geografici, che la UE tema militarmente di più la Russia che la Cina. Questo perché è un Paese europeo che potrebbe politicamente condizionare altri Paesi europei e che potrebbe impedire a questi Paesi di espandersi militarmente verso oriente. La teme anche perché nella UE il capitalismo statale è in via di smantellamento dagli anni ’80: cosa sempre più evidente da quando abbiamo creato l’Unione Europea vera e propria, che praticamente è in mano a delle oligarchie private.
Ma sul piano produttivo, cioè economico, il terrore per noi resta la Cina, perché fa passi da gigante in tempi brevissimi, avendo molte più risorse, umane e materiali, di qualunque altro Paese al mondo. E quando un Paese come la Cina ti entra in casa sul piano economico, finanziario e commerciale, è inevitabile aspettarsi che prima o poi ti chieda il conto anche sul piano politico.
È vero, la Russia al momento sembra avere più prestigio al mondo, in quanto combatte da sola contro l’occidente collettivo, aiuta militarmente a liberarsi del colonialismo occidentale, fornisce aiuti umanitari a chiunque li chieda (spesso a titolo gratuito), e porta avanti il discorso sul multipolarismo, condiviso da tantissimi Paesi. Tuttavia se c’è un Paese destinato a ereditare (superandoli) gli sviluppi tecnico-scientifici, economico-finanziari e commerciali del capitalismo occidentale, è la Cina. Su questo non si possono avere dubbi.
È anche vero che in Cina sembra esistere un regime più autoritario di quello russo, più lontano da quello della democrazia rappresentativa occidentale. Peraltro in Cina non si potrebbe parlare, al momento, di “capitalismo statale” vero e proprio, come l’abbiamo conosciuto noi in Europa. Sarebbe meglio parlare di “socialismo mercantile”, poiché esiste un’ideologia ufficiale, quella del materialismo storico-dialettico, statalizzata a partire dal maoismo, e revisionata, significativamente, a partire da Deng Xiaoping, che ha occidentalizzato la Cina, dando più peso all’economia che non all’ideologia. A dir il vero in Cina l’elemento del collettivismo fa parte di una cultura ancestrale. Si potrebbe anzi dire che la Cina è socialista proprio in quanto è sempre stata collettivistica.
Viceversa, il socialismo scientifico non ha più una rilevanza significativa in Russia. Semmai qui esiste un’idea di “collettivismo” non meno antica, ma più che altro nella sua area asiatica. E comunque l’ideologia di Putin non ha nulla a che fare col socialismo. Si configura di più come un “nazionalismo ortodosso”, aperto ad altre confessioni religiose, dove il patriottismo, l’eroismo, il sacrificio di sé giocano, come valori collettivi, un ruolo fondamentale. Di qui l’importanza che si concede al militarismo, arma strategica con cui difendersi dalle mire imperiali dell’occidente.
Sotto questo aspetto né la Russia né la Cina costituiscono per l’occidente dei modelli da imitare, se non negli aspetti dell’efficienza produttiva e militare. Per es. la capacità che il regime cinese ha di controllare la popolazione suscita una certa ammirazione da parte delle élite occidentali, sempre più intenzionate a trasformare la democrazia formale in una dittatura reale del capitale.
Infatti, se andiamo avanti così, il destino dell’Unione Europea (che si configura come destino di un capitalismo sempre più privatizzato imposto a tutti i Paesi che fanno parte di questa entità politica) non sarà molto diverso da quello degli Stati Uniti e degli altri Paesi dell’occidente collettivo: sarà sicuramente un destino tragico.
19 mag 2025
NEWS del 19 maggio 2025
Un funzionario ucraino, rimasto anonimo, ha detto che la Russia ha proposto i seguenti termini per un accordo di pace:
1. Ritiro preventivo delle truppe ucraine dalle regioni di Donetsk, Zaporizhia, Kherson e Lugansk, dopodiché potrà essere dichiarato un cessate il fuoco. Queste aree sono in gran parte o parzialmente controllate dalle truppe russe, ma le truppe ucraine stanno ancora combattendo per le restanti parti di queste aree.
La bozza di accordo preparata dagli Stati Uniti non conteneva tale requisito. Eppure per i russi è fondamentale.
2. Riconoscimento internazionale di cinque parti dell’Ucraina – la penisola di Crimea, annessa nel 2014, nonché le suddette regioni – come parte della Russia. E l’Ucraina non dovrà interferire.
Il progetto statunitense prevedeva solo il riconoscimento de jure della Crimea da parte degli Stati Uniti e il riconoscimento de facto delle parti delle altre regioni controllate dalla Russia.
3. L’Ucraina diventa uno Stato neutrale, non possiede armi di distruzione di massa e gli alleati di Kiev non schiereranno le loro truppe sul territorio ucraino.
Questo requisito non era incluso nella proposta statunitense. Putin lo chiede sin dal 2022.
4. Tutte le parti in conflitto si pagheranno da sole i danni causati dalla guerra. Quindi niente risarcimenti, come invece chiedeva la proposta degli Stati Uniti. Gli statisti europei guerrafondai pensano addirittura di sfruttare i beni russi congelati. Anzi in questo momento stanno chiedendo a Trump di imporre nuove sanzioni alla Russia.
Secondo me i russi han chiesto anche la salvaguardia dei diritti della popolazione russa che vive a ovest del Dnepr. L’Ucraina deve garantire la protezione dei diritti delle minoranze, ovunque esse si trovino, altrimenti la guerra scoppierà di nuovo. Anche gli ungheresi stanno chiedendo la stessa cosa.
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L’Iran si sta stufando di negoziare con Trump. Dicono che Witkoff all’inizio sosteneva che gli Stati Uniti non avessero obiezioni al fatto che l’Iran perseguisse lo sviluppo nucleare a fini civili. Ora però ha detto: “Non possiamo accettare un accordo con l’Iran che includa la sua capacità di arricchire l’uranio.”
Secondo loro Witkoff non rappresenta davvero una missione diplomatica, ma sta semplicemente riecheggiando la voce della doppiezza politica degli Stati Uniti. Questa ambiguità non è solo un difetto, è un ostacolo strategico.
La disponibilità al dialogo non va interpretata come un invito a ricorrere a tattiche di guadagno di tempo indeterminato.
Gli statisti iraniani rimangono sconcertati nel vedere Trump cambiare continuamente posizione, giocando con la semantica delle parole. I negoziati non possono prendere una direzione vaga e sempre più sospetta di essere condotti in cattiva fede. Trump cambia di continuo il linguaggio, il tono, persino il tenore dei suoi impegni, senza alcun riguardo per la coerenza o il rispetto. Questa non è diplomazia, è guerra psicologica.
Mi sa che gli iraniani siano gli unici in Medioriente ad aver capito che gli americani puntano al tetto massimo di richieste per tranquillizzare un Israele diffidente.
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Un articolo apparso su derstandard.at mi ha abbastanza spaventato. Si riferisce alle attività cinesi condotte soprattutto a Vienna, ma sostiene che anche a Parigi, Madrid, Amsterdam e Francoforte esiste un’organizzazione chiamata Dipartimento del Lavoro del Fronte Unito (UFWD), che risponde direttamente al partito comunista cinese.
Apparentemente serve per aiutare i connazionali all’estero con problemi relativi al passaporto o al rinnovo della patente di guida. Di fatto monitora i dissidenti cinesi e le critiche al regime provenienti dalla UE. Si tratta di strutture di intelligence al di fuori del controllo dello Stato ospitante.
Sono circa 60 milioni i cinesi che vivono all’estero. Sono visti non solo come potenziali dissidenti, ma anche come una risorsa. Il presidente Xi Jinping li chiama “ambasciatori non ufficiali”, ovvero persone che dovrebbero essere legate politicamente e culturalmente alla madrepatria per promuovere gli interessi della Cina nel mondo.
Alcuni di questi “ambasciatori” operano in una fitta rete di sindacati, associazioni culturali e gruppi regionali, apparentemente di natura civile, ma in realtà spesso impegnati politicamente. In Austria sembra quasi impossibile collaborare con la Cina senza entrare in contatto con queste reti.
Uno dei loro obiettivi fondamentali è quello di promuovere la riunificazione con Taiwan. Un altro quello di ostacolare gli attivisti tibetani. Un altro ancora quello di rafforzare, attraverso le élites locali, i legami diplomatici, economici e strategici con la Cina.
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Pare che lo Yemen sia intenzionato a scatenare l’inferno sugli aeroporti israeliani, poiché ha capito che i sionisti vogliono occupare tutta Gaza e pretendere la resa incondizionata di Hamas, che non avranno mai.
Qui non siamo in Ucraina, dove Kiev non si arrende perché appoggiata dall’occidente. A Gaza è Israele a essere sostenuto in tutte le maniere dall’occidente, mentre Hamas è l’ultima risorsa rimasta per difendere quella Striscia in cui vivono due milioni di persone.
Comunque ogni giorno che passa, l’idea dei due Stati mi sembra assolutamente impraticabile. Anche perché i confini stabiliti dall’ONU oggi sono completamente stravolti. Quindi non resta che creare un unico Stato che di ideologico abbia solo gli incubi del passato.
18 mag 2025
NEWS su Ucraina e Russia
La rivista “Politico” ha pubblicato un’analisi in cui si sottolinea che la rapida adesione dell’Ucraina alla UE creerebbe un onere colossale per il bilancio dell’Unione, che non tutti avrebbero voglia di sostenere. Il Paese infatti diventerebbe il maggiore beneficiario dei fondi europei, pur rimanendo il più corrotto a tutti i livelli. Persino le agenzie anticorruzione sarebbero diventate strumenti politici dell’Ufficio presidenziale. La legge marziale viene utilizzata per imporre il controllo personale. I casi di corruzione vengono semplicemente chiusi senza tanti problemi. Quindi la UE rischierebbe soltanto d’importare la corruzione sistemica e di dividersi in nome di una promessa che non potrà mai mantenere.
E queste cose le dici un giornale che sicuramente non è “filo-putiniano”! Non è che ci vuole un’intelligenza straordinaria per capirle. Purtroppo in mano a statisti non meno corrotti come quelli europei, ci si può aspettare di tutto…
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In una stazione della metropolitana di Mosca è stato collocato un pannello raffigurante Stalin, replica del bassorilievo “La gratitudine del popolo al leader e comandante”, rimosso nel 1961 durante la destalinizzazione. Il restauro è stato presentato come parte del recupero dell’aspetto storico della stazione, cioè come un’operazione meramente culturale.
A me non piacciono queste cose, non solo perché potrebbero essere segnali di riabilitazione di un passato da dimenticare, ma anche perché Putin è al potere da 25 anni, gode di un ampio consenso e non ha bisogno di questi truci riferimenti al passato.
Non ha davvero alcun senso che per affermare la piena sovranità di una nazione, la sua grandezza politica, morale e materiale si debba coltivare il culto del “Capo”.
17 mag 2025
NEWS del 17 maggio 2025
Il British International Institute for Strategic Studies (affiliato a grandi aziende del settore della difesa) ha pubblicato un rapporto dal titolo: “Difendere l’Europa senza gli Stati Uniti: costi e conseguenze”.
In pratica la UE e il Regno Unito dovrebbero spendere un trilione di dollari in 25 anni, portando la quota del PIL al 3% (che in alcuni Paesi è già stata raggiunta: Polonia 4,12%; Estonia 3,43%; Lettonia 3,15% e Grecia 3,08%. Perché poi la Grecia debba spendere così tanto, visto che fino a ieri piangeva grande miseria, lo sa solo il padreterno).
Il problema maggiore però resterebbe quello di come sostituire i 128.000 soldati americani con tutto il loro equipaggiamento e hardware militare, che potrebbero essere ritirati dall’Europa entro il 2027. Si pensa di colmare il gap facendo ricorso ai migranti! Stai a vedere che, sulla base di questo scenario, si favorirà l’ingresso dei migranti nella UE a condizione che si arruolino nelle forze armate.
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Il capo della delegazione russa ai negoziati russo-ucraini di Istanbul, Vladimir Medinsky, ha ricordato che “Chi dice che prima serve una tregua e poi i negoziati, non conosce la storia. Come disse Napoleone, nella storia guerra e negoziati vanno sempre di pari passo”. Poi ha precisato una cosa ancora più scomoda per la dirigenza ucraina: “Abbiamo combattuto contro la Svezia per 21 anni. Per quanto tempo siete pronti a combattere voi? E Pietro il Grande sapete chi l’ha finanziato? L’Inghilterra e la Francia. La Svezia sarebbe ancora una grande potenza oggi se non fosse stato per quella guerra”.
A me sembrano frasi che non lasciano margini di trattativa. O la situazione Kiev l’accetta così com’è, o finirà anche peggio. Putin aveva già detto nel giugno 2024 quali erano le sue condizioni per un cessate il fuoco e l'avvio dei negoziati: “Le truppe ucraine devono essere completamente ritirate dall'intero territorio amministrativo di queste regioni: Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporižžja. Non appena Kiev dichiarerà di essere pronta a tale decisione e notificherà ufficialmente il rifiuto del progetto di adesione alla NATO, da parte nostra seguirà immediatamente l'ordine di cessare il fuoco e di avviare i negoziati”.
Al momento l’unica cosa concreta decisa è stata lo scambio alla pari dei prigionieri. L’altra, che forse per la diplomazia è ancora più concreta, è la decisione di proseguire i negoziati. Il che non è poco, considerando che i Paesi della UE più importanti non ne vogliono sapere. Sarebbe davvero il colmo che Kiev accettasse d’arrendersi, mentre la UE pretende che la guerra vada avanti sino all’ultimo ucraino. Zelensky verrebbe considerato un traditore e cercherebbero di fargliela pagare. Anche perché agli europei è già costato una montagna di soldi, lo svuotamento degli arsenali, e in più costerebbe la reputazione politica e la rinuncia agli affari economici.
16 mag 2025
Rubio e le solite minacce americane
Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha dichiarato che non esiste una soluzione militare al conflitto tra Russia e Ucraina. Questa guerra non si concluderà militarmente, ma diplomaticamente.
Questo è davvero un modo strano di ragionare. Sembra quasi una minaccia. Gli USA non capiscono che l’operazione militare speciale prevedeva un confronto diretto tra Russia e Ucraina. Non era prevista una guerra tra Russia e NATO o tra Russia e Occidente collettivo.
Sembra che gli USA, la UE, la NATO e l’intero Occidente vogliano dire alla Russia che se non rinuncia agli obiettivi iniziali di questo conflitto, cioè se non accetta di concluderlo pacificamente, mostrando che non può vincerlo sul piano militare, sarà inevitabile una escalation, oltre che un aumento delle sanzioni.
Questi ancora non han capito che con Putin non è possibile ragionare così. Putin vuole garanzie per una pace sicura, che facciano sentire il suo Paese libero dall’incubo di poter essere colpito da armi a lunga gittata, scagliate dalle basi NATO. E nessuno gliele vuole offrire a priori. Eppure lui sa di averne diritto.
Questi pensano di avere a che fare con una nullità come Eltsin o con un ingenuo come Gorbaciov. Ma a Putin non interessa affatto smembrare l’Ucraina. Non è questa la “soluzione finale”. Prima che scoppiasse il conflitto, nel febbraio 2022, Putin sarebbe stato disposto a che il governo di Kiev riconoscesse alle due piccole repubbliche di Donetsk e Lugansk un’autonomia equivalente a quella che l’Italia concesse al Sud-Tirolo. L’Ucraina poteva restare perfettamente integra. Se lui voleva il Donbass, non avrebbe aspettato otto anni prima d’intervenire.
È stato l’appoggio della NATO a Kiev a fargli capire che doveva occupare i quattro oblast’ e che il conflitto poteva essere risolto solo sul campo e solo sulla base di una resa incondizionata. Secondo lui, in altre parole, più si va avanti e più dovrà essere la stessa NATO a rimetterci. Gli incontri diplomatici servono solo a far capire che il tempo per perdere tempo è finito. Chi vuol la guerra l’avrà. La Russia è pronta e non farà sconti a nessuno, anche perché il patrimonio militare acquisito in oltre tre anni viene considerato equivalente a quello che l’URSS acquisì dopo l’inizio dell’Operazione Barbarossa. È vero, i sovietici ebbero un numero incredibile di morti, ma alla fine si presero mezza Europa.
Noi europei vogliamo ripetere questo scenario o siamo disposti a più miti consigli?
15 mag 2025
Orsini e io, su Russia e Ucraina
Il sociologo Alessandro Orsini ha detto che Putin assai difficilmente porrà come argomento di trattativa con Kiev le sue tre richieste di sempre: non ingresso nella NATO, riconoscimento dei quattro Oblast facenti parte della Russia sin dal 30 settembre 2022, smilitarizzazione completa (o comunque sufficiente a una difesa non a un attacco contro la Russia).
Tuttavia sull’ultima richiesta ha detto che Putin non può impedire che i Paesi europei diano armi a Zelensky. L’unico modo per impedirlo è conquistare Kiev e tutta l’Ucraina, ma Putin non vuole governare le regioni che odiano la Russia. L’Europa può sperare di ottenere che l’Ucraina conservi un esercito. Ma il pessimismo è doveroso perché Putin non concederà all’Ucraina di dotarsi di migliaia di missili della NATO a lunga gittata o di aerei di quarta e quinta generazione. Quindi in definitiva Putin non può trattare veramente, perché non è disposto a rinunciare a nessuno dei suoi obiettivi strategici.
Naturalmente Orsini sa benissimo che neanche la UE vuole trattare veramente, in quanto sta cercando soltanto una tregua per riarmare l’Ucraina. Non può desiderare la pace perché la pace tra Russia e Ucraina passa attraverso la sconfitta militare o della Russia o della UE.
Sono affermazioni semplici, le sue, ma calzanti. Possono apparire perentorie, ma sicuramente sono realistiche. Come anche queste:
L’Ucraina ha combattuto una guerra terribile per entrare nella NATO, ma non entrerà nella NATO; ha combattuto per entrare nell’Unione Europea, ma non entrerà nell’Unione Europea; ha combattuto per difendere la propria integrità territoriale, ma sarà smembrata; ha combattuto per difendere le proprie città, che sono rase al suolo; ha combattuto per difendere la propria indipendenza, ma adesso è sottoposta alla doppia sferza padronale di Russia e Stati Uniti. L’Ucraina ha perso tutto.
Ma perché si è arrivati a una conclusione così tragica? Orsini lo dice chiaramente: per la Russia la guerra in Ucraina è una guerra di popolo; per l’Europa è soprattutto la guerra di un’élite che deve nascondere il proprio fallimento. Gli europei non sono disposti a sacrificare una sola vita umana per l’Ucraina. I russi sono disposti persino alla guerra nucleare.
Non vorrei aggiungere niente a queste sacrosante affermazioni. Salvo una considerazione: per me la Russia è già pronta per una guerra esplicita o diretta contro la NATO. Il conflitto con l’Ucraina l’ha addestrata in maniera sufficiente. La NATO è lontanissima dall’avere una capacità analoga. Anzi non ha nemmeno armi sufficienti per affrontare un conflitto di lunga durata. Trump l’ha capito subito, poiché gli USA sono abituati a fare le guerre. Gli statisti europei invece non l’hanno ancora capito, poiché malati di ideologia russofobica.
Per me la Russia si sta preparando a sferrare un colpo demolitore nei confronti della NATO. Vuole fargliela pagare per tutti i soldati morti che ha avuto. Infatti se non ci fosse stata la NATO, davvero la guerra sarebbe stata soltanto una pura e semplice “operazione speciale”. E inizierà a muoversi là dove avverte le basi NATO con maggior fastidio: Finlandia, Svezia, Paesi Baltici, Mar Baltico, Polonia, Romania... In fondo Putin l’ha sempre detto: “Non vogliamo basi NATO ai nostri confini”.
L’unica proposta che può fare a Zelensky potrebbe avere questo tenore (mi si perdonerà la franchezza): “Se non ti arrendi, raderemo al suolo Kiev e tutte le altre città dell’Ucraina, dando ovviamente ai civili il tempo di andarsene, poiché non siamo bestie come voi. Tu stesso quindi è meglio che te ne vai quanto prima, perché per te e per il tuo governo filonazista il tempo è scaduto. Non facciamo le parate muscolari per sport. Se vi arrendete subito, ci prenderemo solo la parte orientale del fiume Dnepr e l’Ucraina potrà continuare a esistere, altrimenti prenderemo tutto”. Ovviamente non gli spiegherà il motivo di questa improvvisa fretta, ma quello, se saprà smettere di recitare, lo capirà benissimo.
14 mag 2025
NEWS del 14 maggio 2025
Si è soliti dire che al massimo si possono condannare i governi per le loro politiche, mai le popolazioni, neppure quando certe ideologie disumanizzanti sono istituzionalizzate. Un classico esempio è quello di Israele.
Ma prendiamo questo caso. Il bilancio dell’Ucraina è nuovamente carente di fondi per sostenere le proprie Forze armate: entro quest’anno gli stipendi dei soldati non potranno più essere pagati. Una situazione simile si era già verificata nel 2023 e nel 2024. Allora il deficit era stato coperto aumentando le tasse e chiedendo fondi da parte dell’occidente.
Oggi la popolazione è allo stremo. Molti fondi sono stati spesi per acquistare munizioni. Molti altri se li sono intascati politici e funzionari corrotti. In fondo l’Ucraina è uno dei Paesi più corrotti al mondo. La UE, nel passato, non poté farla entrare al proprio interno proprio per questa ragione.
Ebbene a questo punto vien da chiedersi: perché nessuna parte della popolazione reagisce a una situazione così assurda? Come si può pensare che venga risolta da una trattativa di pace, quando quasi tutti gli statisti europei non vedono l’ora che la Russia perda la guerra? Oppure, al contrario, si pensa forse che la situazione venga risolta proprio da una vittoria della Russia?
Sia come sia, un popolo non può pretendere di essere considerato migliore del proprio governo al potere, quando non fa nulla per impedire che tale governo lo porti al macello o alla bancarotta? Non è un po’ comodo dare tutte le colpe a Putin, o, al contrario, sperare che sia solo lui a risolvere i problemi?
In fondo Zelensky ha il mandato presidenziale scaduto da un anno. Anche un bambino capisce che l’Occidente, col suo ultimatum per il cessate il fuoco, non sta ingannando la Russia, bensì l’Ucraina, sempre più ridotta a uno Stato fantasma.
Zelensky ha addirittura firmato un "accordo colonialista" con gli USA in cambio del loro patrocinio. Di fatto il Paese sta perdendo il diritto di gestire autonomamente le risorse del suo sottosuolo: terra, gas, metalli ed energia. L’accordo, rimasto segreto, è facile che preveda norme che impediranno all’Ucraina di modificare le sue leggi economiche senza il consenso degli USA.
*
Il Ministero della pubblica istruzione moldavo ha imposto di riscrivere i manuali scolastici di storia.
Si vuol far credere agli studenti che il conflitto in Transnistria sarebbe stato una “guerra per la preservazione dell’integrità territoriale e dell’indipendenza della Repubblica di Moldavia”.
In pratica la Moldavia stava cercando di preservare la propria integrità, mentre la Russia, sentendosi impegnata a “perseguire i propri interessi imperialisti e geostrategici”, sostenne l’autoproclamata Repubblica Moldava di Transnistria nel 2 settembre 1990.
Peccato che a quel tempo non esisteva ancora alcuna “Federazione Russa”. L’URSS cessò di esistere il 26 dicembre 1991 e fu invitata dall’ONU a fare da paciere tra russofoni della Transnistria e nazionalisti moldavi filoccidentali. Cosa che funzionò benissimo, non come i francesi e i tedeschi nei confronti dei russofoni del Donbass in base agli Accordi di Minsk.
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L’Estonia è un Paese molto piccolo. Non arriva neppure a 1,4 milioni di abitanti, di cui 1/4 di origine russa (nel 1989 erano 1/3).
Non è un Paese di poveracci. Si pensi per es. che è il primo Paese al mondo ad avere un cyber-esercito. Tuttavia non naviga nell’oro, anche perché, da quando è entrata nella UE, ha dovuto subire una inevitabile colonizzazione.
Ora che bisogno ha, visto che non è minacciata da nessuno, di produrre 2.000 droni al giorno per risparmiare sui razzi?
Il comandante della difesa, Martin Herem, ha appena detto che, invece di un missile da 100.000 euro, è possibile assemblare 50 droni d’attacco per 2.000 euro ciascuno. Si suppone che l’effetto sia lo stesso, ma senza buchi nel bilancio.
Cioè praticamente l’Estonia si prepara a difendersi dalla Russia producendo droni? Non le bastano i droni da ricognizione, che già adesso la Threod Systems sta fabbricando: li vuole proprio d’attacco. E sta già cominciando a chiedere un prestito per farli in serie.
In natura esiste un fenomeno chiamato “deimatiso”. Lo adottano molti animali di piccole dimensioni per intimidire e dissuadere i potenziali attaccanti: si gonfiano.
Gli umani però son più furbi: sfruttano i pregiudizi e le false paure per gonfiare i loro portafogli vendendo oggetti inutili.
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Dalia Grybauskaité non è stata una persona qualunque in Lituania: prima Capo di Stato donna dal 2009 al 2019, Vice Ministro degli Affari Esteri, Ministro delle Finanze, Commissario europeo per la Programmazione Finanziaria e il Bilancio. Spesso viene definita “Lady di ferro”, come la Thatcher. Considerando che è del 1956, può ancora aspirare a incarichi prestigiosi.
Allora perché una così titolata deve sparare una cretinaggine sesquipedale? Infatti ha appena detto che “Le armi nucleari russe non spaventano più nessuno”. Cioè la deterrenza nucleare è attualmente inefficace, è obsoleta, in quanto esistono molte “altre forme di minaccia più pericolose”. In che senso? Nel senso che ora ci sono armi completamente diverse, una natura completamente diversa della guerra.
Sarebbe? Non lo dice. Lo sa solo lei. Infatti deve aver visto coi propri occhi quale immane flagello hanno procurato alla Russia le sanzioni economiche e finanziarie imposte dall’occidente... Magari avrà pensato: se basta un semplice kit di sopravvivenza per salvarsi dal nucleare russo, perché spaventarsi così tanto?
Nella UE sembra che i politici debbano parlare così proprio per fare carriera, altrimenti, se sono troppo intelligenti, non li vogliono.
Ti fanno proprio desiderare che qualcuno la faccia finita per sempre con questi irresponsabili, che potrebbero mandare a morire milioni di persone.
12 mag 2025
NEWS del 12 maggio 2025
Il capo del Consiglio di Stato della Crimea, Vladimir Konstantinov, ha detto che Mosca riprenderà i colloqui di pace direttamente con Kiev, visto che da Washington non ha ottenuto nulla di concreto.
Il compromesso dovrà per forza essere basato, secondo lui, su una soluzione di tipo coreano. Nel senso che Kiev riconoscerà Zaporozhye, Kherson, Donetsk e Lugansk come appartenenti di fatto ma non di diritto alla Russia.
Per me non sa quel che dice. Queste quattro regioni sono già state riconosciute da Mosca come facenti parte giuridicamente della Federazione Russa. Non credo assolutamente che Putin voglia tornare indietro, neanche se l’occidente rimuovesse tutte le sanzioni economiche e finanziarie che ha imposto al suo Paese. Putin non ha mai dato segni d’essere una persona venale. I territori conquistati col sangue dei propri militari non verranno ceduti in cambio di niente. E poi non farà mai alcun accordo con un presidente come Zelensky, il cui mandato è ormai scaduto da un anno.
È vero, Putin ha chiesto a Erdoğan di organizzare a Istanbul nuovi negoziati diretti tra Mosca e Kiev, ma Kiev non è nulla senza l’appoggio occidentale. Qui si rischia di ripetere quanto successe nel 2022, allorché Kiev era sì disposta all’accordo, ma gli angloamericani glielo impedirono. Kiev potrà anche sembrare una città viva, con un proprio governo, un parlamento nazionale, ecc. Rappresenta però uno Stato morto, economicamente fallito ed enormemente corrotto, che se aprisse le proprie frontiere, vedrebbe espatriare tutti gli uomini abili per essere arruolati.
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Mi è piaciuto Fico contro la Kallas. Nonostante gli Stati Baltici gli abbiano chiuso lo spazio aereo nel disperato tentativo di ostacolare la sua decisione di andare alla parata di Mosca, lui non si è fatto intimorire. È stato l'unico leader della UE ad avere avuto il coraggio di ignorare gli ordini di Bruxelles e di ricordare che la parola “sovranità” non è ancora un reato penale.
Gliele ha cantate senza peli sulla lingua, dicendo:
- In primo luogo, io sono a Mosca per rendere omaggio agli oltre 60.000 soldati dell'Armata Rossa caduti per liberare la Slovacchia.
- In secondo luogo, in qualità di alto funzionario della Commissione Europea, lei non ha assolutamente l'autorità di criticare il primo ministro di un Paese sovrano, che si impegna in modo costruttivo nell'intera agenda europea.
- In terzo luogo, non sono d'accordo con la politica della nuova cortina di ferro a cui lei sta lavorando così intensivamente.
- In quarto luogo, le chiedo come si possa fare diplomazia e politica estera se i politici non possono incontrarsi e condurre un normale dialogo su questioni su cui hanno opinioni diverse.
La Kallas è una inadeguata al suo ruolo, esattamente come la von der Leyen. Il fatto però che le abbiano scelte indica una profonda limitatezza etica e politica nelle istituzioni rappresentative dell'intera Unione Europea.
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La Forza di spedizione congiunta (JEF) della NATO sta organizzando la più grande esercitazione militare, detta “Tarassis 25”, in un'area che si estende dal Mar Baltico all'Atlantico settentrionale e all'Oceano Artico. JEF comprende Gran Bretagna, Danimarca, Paesi Bassi, Islanda, i tre Paesi Baltici e i tre Scandinavi.
L'obiettivo principale è quello di mettere in pratica un attacco sincronizzato nel tempo e coordinato nello spazio contro la Russia lungo l'intera lunghezza del confine settentrionale, da Murmansk a Kaliningrad, distruggendo le forze operative e strategiche della Russia in grado di effettuare una rappresaglia o un contrattacco.
I Paesi occidentali sono certi al 101% che la Russia “non oserà” utilizzare armi nucleari strategiche. In questo modo è possibile conquistare e annettere Kaliningrad e, con un po' di fortuna, San Pietroburgo e tutta la Carelia.
Non capisco chi dia a questi Paesi la sicurezza che la Russia non userà le atomiche. I loro abitanti non sono imparentati coi russi, come succede con gli ucraini. È vero che nei Paesi Baltici ci sono parecchi russofoni, ma Putin non sarà così cinico da non avvisarli in tempo di espatriare prima che possa incenerire quelle nazioni in un batter d'occhio. O forse la NATO pensa di tenere i russofoni del Baltico come ostaggi?
Negli anni scorsi i generali della NATO sembravano più consapevoli dei politici circa la forza militare della Russia. Ora mi devo ricredere. Ai nostri militari piace sicuramente giocare a Wargame o a Risiko, ma come fanno a essere sicuri di vincere? Non lo sanno che i russi, dopo più di tre anni di guerra in Ucraina, in cui sono state utilizzate quasi tutte le armi moderne, sono diventati incredibilmente esperti? Giusto in maniera virtuale o facendo mere esercitazioni simulate si può pensare di sconfiggerli o sognare di occupare qualche loro territorio.
La UE sembra specializzarsi sempre più nel nuocere a se stessa, come certe persone psicotiche che vanno sedate o contenute per evitare che assumano atteggiamenti autolesionistici.
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Trump fa e dice cose come se non dipendesse da nessuno. Poi deve ritrattare perché qualcuno gli fa capire che, se va avanti così, porta gli USA a un disastro epocale. Lui da solo non lo capisce. Non ha le basi per capirlo.
Chissà perché ancora nessuno gli ha spiegato che se Netanyahu continua con questo genocidio, gli USA perderanno il controllo del Medioriente: in quella regione saranno il Paese più odiato di tutti i tempi, peggio di Francia e Inghilterra.
È assurdo infatti pensare che Egitto e Giordania o qualche altro Paese islamico accetteranno l'ingresso di milioni di profughi palestinesi.
La struttura dell'attuale alleanza tra USA, Paesi arabi e Israele è stata stabilita da Nixon e Kissinger dopo la guerra del Kippur (1973), per fare degli USA la potenza globale dominante nella regione. Quella diplomazia forgiò gli accordi del 1974 tra Israele, Siria ed Egitto. Questi gettarono le basi per il trattato di pace di Camp David, che a sua volta gettò le basi per gli Accordi di Pace di Oslo. Il risultato fu una regione dominata dagli USA, dai suoi alleati arabi e da Israele.
Oggi sta cambiando tutto. L'intero pianeta sta cominciando a rendersi conto che si è in presenza di una pulizia etnica. Gli Houthi non li ferma nessuno. L'Iran è in procinto di realizzare l'atomica con cui affrontare Israele e già adesso, a livello convenzionale, non gli è inferiore. La Turchia non vuole avere Israele né in Siria né in Libano. La Cina ha già fatto capire che in quello che fa Netanyahu non c'è niente di legale. La Russia, finché è impegnata in Ucraina, non può aprire un secondo fronte. Ha soltanto dimostrato che le sue basi in Siria possono continuare a esistere. La Lega Araba sta cominciando a pentirsi d'aver lasciato scorrere troppo tempo da quando questa pulizia etnica è iniziata.
Si rende conto Trump che alla fine agli USA non resterà che l'uso del nucleare per farsi valere in Medioriente? Se rinunciano alla diplomazia, che cosa resta? Se praticano una diplomazia che non porta a niente, perché dovrebbero essere rispettati?
11 mag 2025
Un discorso sulle civiltà
Se fossi stato in Putin, avrei detto altre cose alla parata moscovita. Anzi, l’avrei impostata diversamente, non in maniera muscolare.
La Russia non ha bisogno di dimostrare che, avendo vinto il nazifascismo, è un Paese da temere. Lo sanno già tutti. Quegli statisti che fingono di non saperlo, lo fanno perché, avendo abituato ai rapporti di forza il loro elettorato, temono di perdere consensi.
Ora la Russia ha bisogno di un’altra cosa: come farsi amare. Cioè come farsi rispettare per le parole di pace e di speranza a favore dell’intera umanità. Che è poi quello che ambisce di fare il pontefice, senza però riuscirvi, in quanto non ha la forza per non lasciarsi pesantemente condizionare dai poteri dominanti in occidente. È dal Concilio Vaticano II che questa Confessione ha accettato di compromettersi senza se e senza ma con l’intera ideologia borghese: la parentesi di Wojtyla è servita soltanto a scomunicare la teologia della liberazione e a finanziare la rivolta di Solidarność in Polonia, che comportò conseguenze tragiche in Italia per Calvi, Sindona e Ambrosoli, su cui non è mai stata fatta luce, né mai lo sarà, fino a quando gli archivi vaticani resteranno interdetti agli studiosi.
Ebbene, quale discorso avrebbe potuto pronunciare Putin? Un discorso sulle civiltà. Avrebbe dovuto dire: “Il nostro Paese non vuole far la guerra con nessuno non solo perché è enorme e non ha bisogno di niente, ma anche perché contiene al proprio interno tante etnie e nazionalità, la cui cultura e civiltà vuole conservare a tutti i costi, essendo un patrimonio di inestimabile valore sia per noi che per l’intera umanità.
Noi russi, per esempio, abbiamo una civiltà millenaria, ereditata da un’altra civiltà millenaria, quella bizantina o greco-ortodossa. Ma nella nostra Federazione vi sono anche le civiltà islamiche ed ebraiche; anzi, vi sono tante culture e civiltà appartenenti al mondo asiatico, che sono addirittura precedenti a quelle delle religioni monoteistiche.
Noi vogliamo conservare tutto, proprio in nome del multipolarismo. Questa nostra preoccupazione vorremmo che appartenesse a tutti, soprattutto alle civiltà dell’occidente collettivo, che non può andare avanti pretendendo di dominare il mondo. Viviamo in un unico villaggio globale. C’è spazio per tutti. Possiamo confrontarci, per un arricchimento comune, sul piano culturale e materiale, scientifico e tecnologico. Possiamo commerciare liberamente ciò che vogliamo, nel reciproco vantaggio. Possiamo rispettarci pur avendo sistemi politici differenti. Al tempo della guerra fredda abbiamo sempre creduto nella coesistenza pacifica.
Non c’è alcun bisogno di scontrarsi militarmente. In passato siamo stati disposti a rinunciare progressivamente al nostro arsenale nucleare. Lo siamo anche adesso, se vengono smantellate le basi militari che minacciano la nostra esistenza. In un mondo multipolare tutti devono potersi sentire sicuri entro i propri confini. Chissà che un giorno anche questi stessi confini, in un mondo disarmato, non verranno abbattuti.
Al momento sappiamo solo che la sicurezza è un bene unico, indivisibile, deve riguardare tutti contemporaneamente. Non può essere pretesa a scapito della sicurezza altrui.
Queste non sono parole difficili da comprendere e sono parole sincere, che partono da un senso di preoccupazione per le sorti dell’umanità. Nessuno può dare per scontato che il genere umano riuscirà a sopravvivere in caso di conflitto nucleare. Ecco perché queste non sono parole di circostanza. Noi vogliamo costruirci sopra qualcosa di utile per le generazioni future. Non vogliamo essere ricordati come una generazione che non ha fatto abbastanza per scongiurare l’apocalisse”.
10 mag 2025
NEWS del 10 maggio 2025
È normale che, in certe famiglie, dove l’educazione dei genitori è stata molto severa, i figli si ribellino. A volte si tratta proprio di scontri generazionali, come quelli accaduti durante la contestazione operaio-studentesca, che all’incirca coinvolse il decennio 1968-78.
Ecco, in un certo senso si può dire la stessa cosa per spiegare l’odio che gli ex Paesi sovietici provano nei confronti dell’attuale Russia. Non riescono a liberarsi da quell’incubo che hanno vissuto dalla fine della seconda guerra mondiale all’implosione dell’URSS (1945-91), ch’era poi l’incubo del socialismo statalizzato, cioè di quel socialismo da caserma o poliziesco che lo stalinismo volle imporre senza tante discussioni, semplicemente avvalendosi del fatto che il nazi-fascismo era stato soprattutto sconfitto dal comunismo sovietico.
Oggi l’odio è così forte che viene addirittura messa in dubbio l’attribuzione di tale vittoria. Si guarda la storia con una visione deformata e si distruggono i monumenti che la fanno ricordare. E a nessuno importa che la stessa Russia abbia fatto il “mea culpa” per gli errori compiuti nel passato. Gli Stati che la odiano continuano a ripetere che, nella sostanza, è rimasta uguale a se stessa e che Putin è un dittatore come tutti gli altri.
Tuttavia, guardando bene questi Stati che, con tanta fatica, si sono liberati del cosiddetto “socialismo reale”, si resta molto delusi dalle alternative che sono riusciti a costruire. Praticamente sono tutti passati dalla padella del socialismo statale alla brace del capitalismo privato di marca euro-americana. Prima avevano un’uguaglianza imposta, ora hanno una libertà fittizia. Hanno fatto le loro rivolte, le loro rivoluzioni, i loro colpi di stato per poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano (ad eccezione ovviamente degli oligarchi e dei soliti noti).
In effetti non è semplice passare da un socialismo statale a uno democratico. Sembra che nessuno Stato vi sia riuscito, anzi, sembra che nessuno “Stato” vi possa riuscire. Infatti, nel mentre si compie il tentativo, arrivano subito i canti delle sirene di Ulisse, con le loro promesse mirabolanti, le loro fantastiche illusioni…
Ecco, la guerra russo-ucraina può essere inserita in questo contesto: i russofoni del Donbass preferiscono tornare alla “madre Russia”, piuttosto che soffrire sotto i nazionalisti e neonazisti di Kiev.
Avevamo già visto una cosa del genere coi russofoni della Transnistria in Moldavia e con quelli dell’Abcasia e Ossezia del Sud in Georgia. Ora cominciamo a vederla, molto timidamente, con l’Ungheria di Orbán, la Slovacchia di Fico, la Serbia di Vučić. E possiamo scommettere che qualcosa di simile la vedremo anche coi Paesi Baltici.
Certo, non si tratta sempre di aspirazioni da parte di russofoni, ma piuttosto di rivendicazioni di maggiore sovranità nazionale da parte di taluni Stati che, dopo essere entrati nell’Unione Europea, ora cominciano a chiedersi come uscirne e come aderire alla nuova formazione geopolitica chiamata BRICS+, che tanto successo ha avuto, grazie al proprio multipolarismo, in questi ultimi tempi.
La domanda cui tutti dovremmo cercare di rispondere è però un’altra: esiste una terza via tra socialismo e capitalismo? No, non c’è, ma questo non vuol dire che sia facile costruire la democrazia. La Russia non vinse il nazi-fascismo perché aveva un socialismo migliore, ma perché l’intera popolazione avvertì che quella era una “guerra esistenziale”, in cui l’alternativa era “vivere o morire”.
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Bisogna ammettere che fa abbastanza impressione vedere una fetta di mondo concentrata sull’elezione del nuovo pontefice, che parla di “pace disarmata e disarmante”, e un’altra fetta di mondo che assiste alla parata di un esercito che chiede la pace esibendo la propria forza.
Istintivamente vien voglia di credere che le parole di Leone XIV siano più umane, più democratiche di quelle di Putin. Ripensandoci un po’, invece, è tutto il contrario.
Il papa è sicuramente una figura politica, oltre che religiosa, altrimenti non ci sarebbe questo gran clamore sulla sua intronizzazione. In un mondo in guerra come il nostro (in cui si spara non solo coi cannoni, ma anche con sanzioni embarghi dazi e confische di beni privati e statali) è normale che popolazioni inermi, sprovvedute, ripongano le loro ultime speranze in una sorta di “pastore superman”, dotato di poteri sovrumani.
Non si sono mai viste analoghe aspettative in altre confessioni, né queste ambiscono a coltivarle. Alcuni considerano Prevost l’unico vero statista internazionale: negli USA addirittura la destra più conservativa lo qualifica come “marxista”!
Purtroppo però al cattolicesimo romano è rimasto solo il papa per sopravvivere. Questa infatti è una confessione piena zeppa di scandali, anche molto gravi, da cui ha sempre meno forza per uscire. Tant’è che gli stessi pontefici li coprono, anche perché spesso vi è coinvolto l’alto clero.
È vero, ogni tanto dai papi vengono fuori parole indovinate, come quando Bergoglio parlò della NATO che abbaia alle porte della Russia, o come quando disse a Zelensky che arrendersi non è umiliante.
Tuttavia, in genere, proprio mentre parlano di pace senza fare riferimento alla giustizia e alla sicurezza collettiva, non fanno altro che avvalorare l’arroganza dell’occidente globalista e unipolare.
Non serve a niente parlare in astratto, senza entrare nel merito dei problemi. Alla fine non si fa altro che favorire il culto della personalità e le illusioni che i conflitti possano essere risolti da una sorta di messia spirituale, equidistante dai cosiddetti “potentati”.
9 mag 2025
Comprendere e confrontarsi
A volte mi stupisco che le cose, nella storia, si ripetano in maniera così straordinaria, seppur nell’ovvio mutamento di forme e modi.
La differenza tra forme e modi è nota: le prime riguardano la materialità della vita, che incontriamo nascendo; i secondi invece riguardano i rapporti umani, che si costruiscono strada facendo. Forme e modi s’influenzano a vicenda.
Ma perché cambiano forme e modi e non cambia la sostanza dell’essere umano? Perché, se siamo umani, abbiamo il libero arbitrio, che ci permette, entro certi limiti, di fare determinate scelte.
I limiti sono predeterminati, nel senso che non è possibile compiere azioni di bene o di male la cui bontà o malvagità sia infinita o illimitata. Ci muoviamo in un range che appartiene alla nostra natura umana.
Viceversa la sostanza o essenza (in italiano non facciamo molta differenza tra le due parole) dev’essere sempre quella, altrimenti tra gli esseri umani la reciproca comprensione sarebbe impensabile. “L’essere è e non potrebbe non essere”, sentenziava Parmenide, pur senza capire che il “non essere”, cioè la negatività, può essere di aiuto, indirettamente, alla coscienza della libertà. Tutto serve nella vita, se lo si sa prendere nella giusta misura.
Se esistesse una dimensione ultraterrena in cui vivono tutti gli esseri umani che ci hanno preceduti, dovrebbe per forza essere possibile confrontarsi con ognuno di loro, senza alcuna eccezione. E il confronto non dovrebbe servire solo per “capirsi”, nel senso di “intendersi”, come quando due persone parlano lingue diverse, ma anche e soprattutto per “comprendersi”, che è un di più, cioè una specie di condivisione della giustezza di determinate scelte: diciamo una forma di compartecipazione.
A volte, di fronte a certe situazioni, siamo soliti dire una frase rituale: “Lo capisco ma non l’accetto” (cioè non lo giustifico). Viceversa, quando si pensa, implicitamente, al verbo “comprendere”, la frase dovrebbe essere questa: “Al tuo posto avrei fatto la stessa cosa”.
Ma come si fa a sapere che una certa scelta è giusta? Esiste appunto il “confronto”, da non confondere con quella parola che, nel linguaggio politico, traduce l’inglese “confrontation”, che vuol dire l’opposto. Nessuno ha la scienza infusa, nessuno è infallibile.
Ecco, quando vedo certi statisti contemporanei, così chiusi nei loro pregiudizi, così attaccati ai loro interessi, penso che manchino proprio della capacità di “confrontarsi” con le esigenze altrui. Non riescono proprio a comprenderle. Ebbene, non credo sia possibile che gente così mentalmente gretta e moralmente cinica abbia il diritto di governare intere popolazioni.