NEWS del 19 maggio 2025
Un funzionario ucraino, rimasto anonimo, ha detto che la Russia ha proposto i seguenti termini per un accordo di pace:
1. Ritiro preventivo delle truppe ucraine dalle regioni di Donetsk, Zaporizhia, Kherson e Lugansk, dopodiché potrà essere dichiarato un cessate il fuoco. Queste aree sono in gran parte o parzialmente controllate dalle truppe russe, ma le truppe ucraine stanno ancora combattendo per le restanti parti di queste aree.
La bozza di accordo preparata dagli Stati Uniti non conteneva tale requisito. Eppure per i russi è fondamentale.
2. Riconoscimento internazionale di cinque parti dell’Ucraina – la penisola di Crimea, annessa nel 2014, nonché le suddette regioni – come parte della Russia. E l’Ucraina non dovrà interferire.
Il progetto statunitense prevedeva solo il riconoscimento de jure della Crimea da parte degli Stati Uniti e il riconoscimento de facto delle parti delle altre regioni controllate dalla Russia.
3. L’Ucraina diventa uno Stato neutrale, non possiede armi di distruzione di massa e gli alleati di Kiev non schiereranno le loro truppe sul territorio ucraino.
Questo requisito non era incluso nella proposta statunitense. Putin lo chiede sin dal 2022.
4. Tutte le parti in conflitto si pagheranno da sole i danni causati dalla guerra. Quindi niente risarcimenti, come invece chiedeva la proposta degli Stati Uniti. Gli statisti europei guerrafondai pensano addirittura di sfruttare i beni russi congelati. Anzi in questo momento stanno chiedendo a Trump di imporre nuove sanzioni alla Russia.
Secondo me i russi han chiesto anche la salvaguardia dei diritti della popolazione russa che vive a ovest del Dnepr. L’Ucraina deve garantire la protezione dei diritti delle minoranze, ovunque esse si trovino, altrimenti la guerra scoppierà di nuovo. Anche gli ungheresi stanno chiedendo la stessa cosa.
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L’Iran si sta stufando di negoziare con Trump. Dicono che Witkoff all’inizio sosteneva che gli Stati Uniti non avessero obiezioni al fatto che l’Iran perseguisse lo sviluppo nucleare a fini civili. Ora però ha detto: “Non possiamo accettare un accordo con l’Iran che includa la sua capacità di arricchire l’uranio.”
Secondo loro Witkoff non rappresenta davvero una missione diplomatica, ma sta semplicemente riecheggiando la voce della doppiezza politica degli Stati Uniti. Questa ambiguità non è solo un difetto, è un ostacolo strategico.
La disponibilità al dialogo non va interpretata come un invito a ricorrere a tattiche di guadagno di tempo indeterminato.
Gli statisti iraniani rimangono sconcertati nel vedere Trump cambiare continuamente posizione, giocando con la semantica delle parole. I negoziati non possono prendere una direzione vaga e sempre più sospetta di essere condotti in cattiva fede. Trump cambia di continuo il linguaggio, il tono, persino il tenore dei suoi impegni, senza alcun riguardo per la coerenza o il rispetto. Questa non è diplomazia, è guerra psicologica.
Mi sa che gli iraniani siano gli unici in Medioriente ad aver capito che gli americani puntano al tetto massimo di richieste per tranquillizzare un Israele diffidente.
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Un articolo apparso su derstandard.at mi ha abbastanza spaventato. Si riferisce alle attività cinesi condotte soprattutto a Vienna, ma sostiene che anche a Parigi, Madrid, Amsterdam e Francoforte esiste un’organizzazione chiamata Dipartimento del Lavoro del Fronte Unito (UFWD), che risponde direttamente al partito comunista cinese.
Apparentemente serve per aiutare i connazionali all’estero con problemi relativi al passaporto o al rinnovo della patente di guida. Di fatto monitora i dissidenti cinesi e le critiche al regime provenienti dalla UE. Si tratta di strutture di intelligence al di fuori del controllo dello Stato ospitante.
Sono circa 60 milioni i cinesi che vivono all’estero. Sono visti non solo come potenziali dissidenti, ma anche come una risorsa. Il presidente Xi Jinping li chiama “ambasciatori non ufficiali”, ovvero persone che dovrebbero essere legate politicamente e culturalmente alla madrepatria per promuovere gli interessi della Cina nel mondo.
Alcuni di questi “ambasciatori” operano in una fitta rete di sindacati, associazioni culturali e gruppi regionali, apparentemente di natura civile, ma in realtà spesso impegnati politicamente. In Austria sembra quasi impossibile collaborare con la Cina senza entrare in contatto con queste reti.
Uno dei loro obiettivi fondamentali è quello di promuovere la riunificazione con Taiwan. Un altro quello di ostacolare gli attivisti tibetani. Un altro ancora quello di rafforzare, attraverso le élites locali, i legami diplomatici, economici e strategici con la Cina.
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Pare che lo Yemen sia intenzionato a scatenare l’inferno sugli aeroporti israeliani, poiché ha capito che i sionisti vogliono occupare tutta Gaza e pretendere la resa incondizionata di Hamas, che non avranno mai.
Qui non siamo in Ucraina, dove Kiev non si arrende perché appoggiata dall’occidente. A Gaza è Israele a essere sostenuto in tutte le maniere dall’occidente, mentre Hamas è l’ultima risorsa rimasta per difendere quella Striscia in cui vivono due milioni di persone.
Comunque ogni giorno che passa, l’idea dei due Stati mi sembra assolutamente impraticabile. Anche perché i confini stabiliti dall’ONU oggi sono completamente stravolti. Quindi non resta che creare un unico Stato che di ideologico abbia solo gli incubi del passato.
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