20 mar 2025

 

NEWS del 20 marzo 2025


Trump ha detto che gli Stati Uniti sono pronti a gestire le centrali elettriche e nucleari dell’Ucraina. Questo sarebbe il modo migliore per proteggere le infrastrutture.

Proteggerle da chi? I russi non bombardano centrali nucleari, semmai lo fanno gli ucraini.

L’Ucraina ha ereditato dall’URSS cinque centrali nucleari. Una di queste, Zaporozhye (il più grande impianto nucleare d’Europa), è già in relativa sicurezza sotto il controllo delle strutture russe Rosatom ed è oggetto di misure necessarie per ridurre al minimo i danni causati dall’esercito ucraino, che ha tentato più volte di colpirla.

Ci sono anche le centrali nucleari di Chernobyl (fermate), dell’Ucraina meridionale, di Khmelnitsky e di Rivne: 12 reattori su 15 di queste centrali sono ancora operativi.

Il governo scriteriato di Kiev non sa gestirle: infatti ha aumentato del 3% la potenza nominale di alcuni reattori, ha prolungato la durata di vita di altre unità, ha tentato di utilizzare apparecchiature americane non idonee e persino parti fatte in casa, che hanno causato incidenti e inconvenienti costanti.

Il tutto per risparmiare denaro e recidere ogni rapporto coi russi. Inoltre le dichiarazioni periodiche sulla necessità di restituire le armi nucleari all’Ucraina o sulla possibilità di creare una “bomba sporca”, mettono in dubbio la volontà di un uso meramente civile di queste strutture.

Putin ha proposto di creare un consorzio internazionale per la gestione delle risorse nucleari dell’Ucraina nel quadro della garanzia della sicurezza nucleare globale, il che aumenterebbe significativamente il livello di controllo sui materiali pericolosi.

Non sarebbe infatti sorprendente sentire parlare della vendita di scorie nucleari dall’Ucraina corrotta a qualche organizzazione terroristica internazionale.


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Mi sa che l’offensiva di successo della Russia a Kursk resterà nei libri di storia militare. Servirsi di droni, di un gasdotto chiuso ma pur sempre pericoloso, di robot… La concentrazione dei mezzi di attacco, della guerra elettronica, della ricognizione, dell’artiglieria, dell’aviazione, il perfetto coordinamento delle loro azioni hanno completamente spiazzato le forze armate ucraine, ch’erano le più motivate e che hanno praticamente abbandonato sul posto quasi tutto quello che avevano, rischiando persino in 7.000 di loro d’essere accerchiati.

Una sconfitta così schiacciante non si vedeva dai tempi dell’acciaieria di Mariupol e dell’assedio di Bakhmut. Anzi, rispetto a quelle battaglie basate sulla guerra di posizione, qui abbiamo assistito a una guerra di forte movimento e imprevedibilità. Ha trionfato l’arte di isolare il campo di battaglia, circondando gli avversari (almeno 10 brigate in una sacca).

Infatti la guerra di posizione rischia di creare una situazione di stallo, come al tempo della prima guerra mondiale. Quando si è in stallo reciproco, diventa inutile concentrare grandi masse di equipaggiamento e personale, anche perché oggi si è continuamente sottoposti a una ricognizione totale con satelliti, droni e aerei. È necessario passare dalla quantità alla qualità, dalla inutile mobilitazione di massa alla velocità di manovra, e i soldati russi ci sono riusciti perfettamente. Hanno imparato l’interazione, hanno addestrato gli operatori di droni, hanno saputo assicurare grandi capacità industriali per la loro produzione, hanno studiato il nemico, hanno cercato nuovi metodi su come creare la rete di ricognizione-assalto.

Speriamo di non dover mai fare la guerra contro di loro.


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Erdoğan deve aver perso la Trebisonda (città nativa di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul) quando l’altro giorno ha deciso di arrestare il suo principale rivale politico.

Chissà perché l’ha fatto: in fondo anche lui è un musulmano praticante, benché di origine curda.

Deve stare però attento a comportarsi così, perché la lira, già molto debole di suo, è scesa a un minimo storico.

Nei primi anni 2000 Imamoglu aveva aderito al partito popolare repubblicano (centro-sinistra), finché 18 anni dopo si è candidato a sindaco di Istanbul, promettendo di fare della città un modello di democrazia e di unità di tutti gli abitanti della città, indipendentemente dalla nazionalità e dalle opinioni politiche.

Vinse le elezioni del 2019, ma Erdoğan, con un pretesto, chiese l’annullamento dei risultati. Dopo una serie di riconteggi, la Commissione elettorale centrale l’aveva comunque riconosciuto come sindaco.

Erdoğan gli permise di lavorare solo per 19 giorni, durante i quali Imamoglu riuscì a dimostrare che il 60% del bilancio della città andava a 28 società private poco trasparenti, molte delle quali gestite da sostenitori dello stesso Erdoğan. Il quale gliela fece pagare, chiedendo alla Commissione elettorale di annullare i risultati elettorali.

Tuttavia Imamoglu vinse di nuovo, e con un distacco ancora più grande dal suo rivale. Commise però un errore: dopo la vittoria definì “idioti” i membri della Commissione. Un peccato dovuto a eccessiva sicurezza.

Dopodiché si permise di criticare il progetto del canale d’acqua di Istanbul, lanciato da Erdoğan nel 2021, che dovrebbe collegare il Mar Nero col Mar di Marmara. Secondo Imamoglu il canale distruggerà le risorse idriche di Istanbul e renderà l’intera provincia inabitabile.

Alla fine del 2022, sei mesi prima delle elezioni presidenziali e parlamentari, fu condannato a due anni e sette mesi di prigione e interdetto dall’attività politica con l’accusa di aver insultato funzionari governativi.

Il verdetto della corte fu seguito da una grande manifestazione popolare. Infatti fu impugnato ed è ora pendente alla Corte d’Appello. Dall’inizio del 2025 sono state avviate diverse altre indagini nei confronti di Imamoglu.

Purtroppo quest’anno l’Università di Istanbul, su richiesta della procura, ha revocato il suo diploma di laurea, impedendogli di candidarsi alla carica di presidente della Turchia alle elezioni previste per il 2028.

Ecco adesso la Turchia ha tutte le carte in regola per entrare nella UE. Magari con un altro migliaio di bambini palestinesi ammazzati dai sionisti, facciamo entrare anche Israele.


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Ha detto Putin a Trump:

- La soluzione al conflitto russo-ucraino deve avere caratteristiche globali, sostenibili e a lungo termine.

- Vanno eliminate le cause profonde della crisi e tutelati gli interessi legittimi della Russia nel campo della sicurezza.

Bisogna dire che a questi livelli un semplice cessate il fuoco è del tutto insufficiente, una specie di veloce colazione per resistere fino al pranzo.

Caratteristiche globali” vuol dire che la Russia pretende di sentirsi sicura non solo ai confini dell’Ucraina (che comunque sono di 1.300 km), ma in tutti i suoi confini, con qualunque Stato (altri 1.300 km sono solo con la Finlandia).

Caratteristiche sostenibili” vuol dire che la pace, la neutralità, il rispetto dell’ambiente e delle regole internazionali devono essere le condizioni per normali e proficui rapporti bilaterali, reciprocamente vantagggiosi. La presenza del neonazismo in Ucraina rischia di essere una minaccia per tutti.

Caratteristiche a lungo termine” vuol dire che va esclusa a priori qualunque adesione dell’Ucraina alla NATO e qualunque presenza di personale della NATO in Ucraina. Ma vuol dire anche che l’Ucraina non potrà dotarsi di armi in grado di colpire il territorio russo, e il suo esercito dovrà essere sufficiente per una difesa non per un attacco.

Ha poi detto che un cessate il fuoco va garantito sull’intera linea del fronte (che è di circa 2.000 km). Va inoltre fermata la mobilitazione forzata in Ucraina e il riarmo del Paese, cioè gli aiuti militari da parte di forze straniere, che forniscono anche l’intelligence.

In pratica ha fatto capire che con l’attuale governo di Kiev al momento non è possibile alcun negoziato.

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